L’Occidente che muore è la somma delle formiche che schiaccia

di Domenico Bilotti

La disgregazione sociale creata da un welfare assente uccide anche quando le epidemie evolvono a conclusione. La Presidenza Biden ha mobilitato soggettività interessanti, ha aggiornato gangli dello Stato affidati per quattro anni a personaggi inquietanti, privi di scrupoli etici (e dialettici: maestri della sparata esplosiva), ha avviato un planning vaccinale potentissimo, che ha consentito riaperture importanti nella socialità, nella cultura, nelle libertà di movimento. Sembra un quadro non idilliaco, ma certo di grande e fondato recupero. Basta poco che quel ritratto così “rinfrescato” dal restauro di un nuovo rinascimento politico-civile vada brutalmente in frantumi. La recente conferenza governativa dipartimentale di Washington sulla pubblica sicurezza ha diramato dati allarmanti sulla città al solito capofila dei momenti illuminanti e di quelli più tetri: New York. Al 9 Maggio, si contavano 505 tra morti e feriti in sparatorie su pubblica via. Un dato inquietante. A New York questi numeri non si vedevano dal 1997, quando si usciva dalle ultime gang dei tardi Ottanta e si entrava con tutta l’ipocrisia del caso nel capitolo “tolleranza zero” di Giuliani. Salman Rushdie era affascinato dalle contraddizioni di New York a fine anni Novanta, dalla sua furiosa capacità di autoriprodurre contemporaneamente ricchezza e critica della ricchezza. Chi aveva sperimentato la fatwa del fondamentalismo da intellettuale libertario capiva che il mondo democratico covava nel suo trionfalismo i drammi dettati da un lato dall’accumulazione eccessiva di pochi e, dall’altro, dalla tentazione della governamentalità tecnica e amministrativistica di occultare sotto il tappeto la polvere dei morti, delle periferie, dello spaccio esponenziale di varianti pessime delle droghe socialmente accettate (dagli psicofarmaci del mercato nero fino alla cocaina e alle anfetamine). Oltre vent’anni dopo il punto di rottura è il medesimo: la gentrificazione imprenditoriale delle mafie transnazionali è divenuta commestibile, la microcriminalità è diventata il sottoproletariato della insicurezza sociale. A New York ci si spara nei quartieri dormitorio, alle occupazioni abusive degli alloggi popolari. E pure all’uscita dei cd. “Seven Eleven”, i fornitissimi empori ventiquattr’ore che vanno senza soluzione di continuità dal centro con le luci sempre accese alla periferia coi fari sempre spenti, passando per le belle residenze suburbane borghigiane dove vive circa il 60% della forza lavoro della Grande Mela. Fuori dagli strip club, nei giardini alla fine degli isolati, sulle banchine, nei quartieri che si stanno ridisegnando secondo la nuova espansione edilizia lungo la direttrice dei tanti ponti cittadini. È un problema giuridico: la circolazione delle armi è sin troppo cospicua, tanto sul binario legale quanto su quello extralegale. È un problema culturale e massmediologico: ci si spara in silenziosa accettazione, anche a ragione di liti private di modesta implicazione patrimoniale. Si comunicano i dati di ferimenti e uccisioni solo alla fine del rilevamento statistico, ma non esiste pragmatica educazione interculturale alla nonviolenza. È anche un problema pastorale. La Chiesa statunitense appare sempre più al bivio tra chi incentiva la tentata svolta bergogliana, forse poco incisiva sul fronte delle norme, ma assai meno giudicante del passato rispetto ai comportamenti individuali leciti, e chi in affannosa retroguardia elogia lo spirito nazionale, i linciaggi moralistici, la rilevanza del credo come primario vettore di comunicazione politica. Ci auguriamo non stia più istituzionalmente zitta davanti a questa bancarotta civile di orfani anonimi e di vedove del conformismo acquiescente verso la violenta risoluzione delle controversie domestiche, zonali, condominiali. I morti di New York in questi primi cinque mesi del 2021 non erano boss e narcos: leggiamo le statistiche solo se in esse non dimentichiamo di scorgere le donne e gli uomini! Erano latinos sottoccupati, erano studenti e anziani, giovanissimi pregiudicati e passanti. Prostitute e conducenti abusivi. Ragazze e madri di famiglie numerose. Stranieri e americani di generazioni e generazioni. L’Occidente che muore è la somma delle formiche che schiaccia. 

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