di Luigi Mariano Guzzo
“Vangelo della Creazione”. Così si intitolava il secondo capitolo dell’enciclica “Laudato si’” (2015). A parte qualche eccezione (si veda, ad esempio, una breve riflessione di Enzo Bianchi), pare che quel titoletto sia passato quasi inosservato. D’altronde, l’espressione compariva come intestazione di un capitolo in cui si sviluppavano le basi bibliche e teologiche del magistero pontificio sull’ecologia. Una scelta opportuna, certo. Ma non veniva meglio esplicitato che cosa dovesse intendersi per “Vangelo della Creazione”. A molti, probabilmente, sarà apparso un titolo ad effetto, un’immagine simbolica. Niente di più.
Finalmente, nella catechesi dello scorso mercoledì 22 aprile, in occasione della Giornata Mondiale della Terra, Papa Francesco, che dopo aver scritto l’enciclica sulla cura della casa comune ed aver parlato di un diritto sacro alla terra (sulla dottrina sociale di Francesco si rimanda al contributo di Antonino Mantineo), ha indetto e celebrato un sinodo per la regione pan-amazzonica (2019), così da sperimentare prassi di ecologia integrale nelle comunità ecclesiali, ritorna sulla questione del “Vangelo della Creazione”. Ma che cos’è questo Vangelo della Creazione? La risposta di Papa Francesco è semplice: è il “mondo naturale”, che “esprime la potenza creatrice di Dio nel plasmare la vita umana e nel far esistere il mondo insieme a quanto contiene per sostenere l’umanità”. Non c’è un Vangelo sulla Creazione. E’ la Creazione che è già Parola di Dio, una Parola che plasma, che crea, che modella … la vita naturale, la vita dell’uomo, la vita relazionale.
Con questa catechesi sembra che Papa Francesco faccia un passo (un notevole passo) avanti nella sua riflessione ecologica. L’antidoto all’antropocentrismo deviato, su cui Bergoglio si sofferma nella Laudato si, si rintraccia ora nel riconoscimento della terra come “sacra”. Insomma, dal diritto sacro alla terra si arriva alla terra sacra. Generalmente, le religioni delimitano gli spazi, cioè interpretano un’area come sacra per indicare tutto il resto come profano. Ciò è funzionale a rendere evidente lo scarto tra lo “straordinario” delle religioni e l’ordinario del reale, così da poter strutturare rapporti sociali basati sul potere. Lo ha fatto e lo fa anche il cristianesimo. Ma Papa Francesco ci presenta una situazione ben diversa: è la terra ad essere sacra, tutta la terra. Non una singola chiesa, una cattedrale, un tempio, oppure una montagna, un fiume … ma la terra, tutta la terra. Ecco le sue parole:
“siamo chiamati a ritrovare il senso del sacro rispetto per la terra, perché essa non è soltanto casa nostra, ma anche casa di Dio. Da ciò scaturisce in noi la consapevolezza di stare su una terra sacra!”.
Non è una chiesa casa di Dio, e neppure una basilica. E’ la terra ad esserlo, nel suo insieme.
Ritorna, quindi, il principio dell’ecologia integrale, che non è semplicemente un metodo di relazione delle dinamiche sociali, ma caratterizza la stessa condizione umana. L’uomo, dice il Papa, è fatto di materia terrestre e, al contempo, porta con sé il soffio vitale di Dio. Ciò significa che l’insegnamento di Papa Francesco non è assimilabile, in maniera semplicistica, a quelle teorie scientifiche (ad esempio, l’ipotesi Gaia di James Lovelock) secondo le quali la vita dell’uomo è un fattore, quasi una cellula, da comprendere all’interno di un più grande organismo vivente, un pianeta vivente, il nostro. Una simile prospettiva permette certamente di guardare all’uomo quale essere che vive “nella casa comune come un’unica famiglia umana e nella biodiversità con le altre creature di Dio”, per utilizzare ancora le parole di Francesco. Ma nulla (o quasi nulla…) dice sulla responsabilità etica dell’uomo nei confronti della biosfera; responsabilità che, per il magistero di Papa Francesco, trova fondamento nel principio per il quale l’uomo è immagine di Dio. Tant’è che è sempre Bergoglio ad affermare:
“come imago Dei, immagine di Dio, siamo chiamati ad avere cura e rispetto per tutte le creature e a nutrire amore e compassione per i nostri fratelli e sorelle, specialmente i più deboli, a imitazione dell’amore di Dio per noi, manifestato nel suo Figlio Gesù, che si è fatto uomo per condividere con noi questa situazione e salvarci”.
L’uomo è, quindi, “custode e amministratore della terra”. Eppure, a tradire questa chiamata è la radice atavica di ogni peccato, il cui tema ritorna molto spesso nel magistero di Francesco, e sostanzia l’impegno nel contrasto alle mafie e alla corruzione: l’egoismo. D’altronde, un magistero “sociale”, nel senso pieno del termine, non può che costruirsi su una condanna netta, radicale di quell’egoismo che in etica diventa “individualismo” e in economia assume le sembianze del capitalismo. Abbiamo depredato la terra, dice il papa, l’abbiamo inquinata, mettendo in repentaglio anche la nostra vita, e ora inizia a presentarci il conto. Per questo è necessario cambiare la prospettiva: la terra non è un “deposito di risorse da sfruttare” bensì è “Vangelo della Creazione”, cioè – come già abbiamo detto – la manifestazione della potenza creatrice del Creatore.
Papa Francesco auspica una autentica conversione ecologica. Innanzitutto, chiede una mobilitazione dal basso, che coinvolga il popolo, e parla della necessità di “dare vita anche a un movimento popolare”. Inoltre, auspica che i giovani facciano “chiasso”, come aveva già detto alla Giornale mondiale della Gioventù di Panama (2019), cioè scendano “in strada per insegnarci ciò che è ovvio, vale a dire che non c’è futuro per noi se distruggiamo l’ambiente che ci sostiene”. Tutto questo alla vigilia di due importanti conferenze internazionali: la COP15 sulla Biodiversità a Kunming (Cina) e la COP26 sui Cambiamenti Climatici a Glasgow (Regno Unito).
I nostri governanti saranno capaci di raccogliere le sfide lanciate da Francesco? Vedremo … ma intanto ciascuno di noi deve fare la propria parte a difesa della Casa comune.
Per leggere la catechesi di Papa Francesco di mercoledì 22 aprile 2020, clicca qui.